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Come si rende la paghetta uno strumento educativo e non una brutta abitudine?
Highlights
Boomer, Gen X, Millennial, Gen Z: se c’è una cosa che accomuna tutte le generazioni, è la paghetta.
Tu come ti regoli? L’hai ricevuta? La ricevi? Ne dài una ai tuoi figli? E, alla fine della fiera, come va considerata la paghetta? Un premio o una brutta abitudine? In un Paese come l’Italia, che presenta ancora livelli piuttosto modesti di educazione finanziaria, la paghetta è un buon metodo per educare ed educarsi a un uso consapevole e responsabile del denaro.
Se ci pensi, in effetti è un bell’esercizio: incassi una certa sommetta, settimanale o mensile, e a quel punto la devi gestire. Hai la possibilità di scegliere come spenderla e quanto eventualmente metterne da parte, per un obiettivo più importante in futuro. E qui entra in gioco la valenza educativa della paghetta: utile a far capire il reale valore economico di quello che si compra e a trasmettere l’importanza del risparmio.
La doppia valenza educativa della paghetta
Avere una somma di denaro da gestire in modo autonomo consente di:
- acquisire abilità di pianificazione e controllo delle entrate e delle uscite;
- imparare a tenere comportamenti virtuosi (per esempio, evitare di spendere più di quanto guadagni).
Paghetta: per merito o con un importo fisso?
Con quale criterio va stabilito l’ammontare della paghetta? Genitori e figli possono deciderlo insieme, ma è chiaro che l’ultima parola spetta ai genitori. C’è chi si basa sul merito (il rendimento a scuola o la partecipazione ad attività domestiche extra, giusto per fare due esempi) e chi invece preferisce regolarsi secondo un ammontare fisso. In ogni caso, ci sono alcuni punti cardine che genitori e figli (ma soprattutto genitori) devono tenere in considerazione.
- Se la paghetta segue il merito, allora bisogna chiarirsi sul sistema di valutazione: in altre parole, i figli devono sapere su cosa e come verranno valutati.
- Se invece l’importo è fisso, è importante non concedere “extra”, perché i figli devono imparare a mantenere il giusto equilibrio fra entrate e uscite senza “aiutini” più o meno eccezionali.
Quanto più crescono e acquisiscono capacità di giudizio, tanto più la coerenza e l’adesione a questi criteri (l’uno o l’altro) saranno importanti.
Paghetta: a che età iniziare e quanto dare?
Quindi ok, la paghetta ha una valenza educativa. Ma quando ha senso iniziare a erogarla? Si può benissimo cominciare dall’età scolare, quindi dai sei-sette anni, con una cifra compatibile con quell’età, sull’1-2 Euro a settimana. Con la crescita l’importo può salire, arrivando per esempio a 5 Euro verso i dieci anni, parallelamente all’entità dei compiti (es. rassettare per bene la stanza e non solo, semplicemente, mettere a posto i giocattoli) se si decide di seguire il criterio del merito. Alle soglie dell’adolescenza (13-14 anni), si possono raggiungere i 10 Euro. Oltre i 14 anni si entra in una nuova fase e può esserci spazio per una sorta di contrattazione, ma sempre sulla scorta di criteri ben precisi.
A cosa ti serve la paghetta?
Soprattutto dopo i 14 anni, è importante capire bene a cosa servirà la paghetta. Quali sono, quindi, le vere e concrete necessità per le quali verrà spesa. E anche questo può essere un momento formativo. Come si fa, infatti, a capire quanti soldi servono?
Facile: si mette giù una lista delle spese settimanali o mensili (a seconda della periodicità della paghetta) previste, che possono riguardare giochi, libri o altri articoli per il tempo libero, e poi crescendo anche le uscite con gli amici (con i relativi costi per il mangiare e per il bere, naturalmente analcolico), i biglietti per il cinema, le ricariche per il cellulare, i vestiti e via dicendo.
È importante stabilire un tetto di spesa per ogni voce. Il che, tra l’altro, educa a quell’ottima abitudine che si chiama Goal-Based Investing, ossia l’investimento per obiettivi: per ognuno, si predispone un piano d’investimento finalizzato a raggiungere l’ammontare necessario. Una disciplina che, una volta acquisita, potrà fruttuosamente accompagnare il ragazzo o la ragazza fino alla pensione.
E se gli amici ricevono più soldi?
Il confronto va gestito e trasformato in uno stimolo: per integrare il guadagno dandosi da fare. In che modo? Badando a fratelli e sorelle più piccoli, dando un piccolo aiuto alla ditta di famiglia, aiutando nelle attività di giardinaggio, pulizia, imbiancatura, manutenzione. Anche questo può spingere i più giovani a rendersi autonomi e responsabili nella gestione del denaro.
Paghetta: 5 consigli pratici per i genitori
- Non concedere anticipi. Bisogna imparare a gestire autonomamente e responsabilmente la paghetta concordata.
- Discutere in famiglia e dare il buon esempio come genitori su risparmio e controllo delle spese per aiutare i figli a maturare le stesse abitudini.
- Rispettare sempre la scadenza della paghetta.
- Non toglierla, proprio perché è uno strumento educativo. In caso di problemi è meglio piuttosto discutere con i figli a proposito di ciò che non ha funzionato.
- Non integrarla in continuazione con altre somme e non modificarne il valore di frequente, altrimenti viene meno la valenza educativa.
Riassumendo
Nella gestione del denaro improvvisare può essere rischioso: è un compito al quale è invece molto importante arrivare preparati. In questo senso, la paghetta può essere una valida alleata: uno strumento tramite il quale gli adulti insegnano a bambini e ragazzi come gestire i soldi a disposizione, con responsabilità, consapevolezza e criterio e sulla base di precisi obiettivi e bisogni. Per formare futuri investitori che sappiano amministrare i risparmi con un’attenta pianificazione.
La paghetta è un’occasione di dialogo tra genitori e figli sull’uso consapevole e responsabile dei soldi: può insegnare infatti il valore di una spesa oculata e di un risparmio continuativo nel tempo. Bisogna stabilire prima di tutto il criterio in base al quale erogarla: per merito o secondo un importo fisso? Genitori e figli possono discuterne, ma ovviamente alla fine sono i genitori a decidere. Meglio evitare aggiunte ed eccessivi adeguamenti al rialzo: verrebbe meno l’opportunità di imparare a gestirsi al meglio con i soldi che si hanno.